In un contesto sempre più competitivo nella produzione suinicola, si rende necessario ottimizzare tutti i fattori della dieta che contribuiscono all'ottenimento di un miglior costo di produzione, dato che l'alimentazione incide per circa il 60% sul costo stesso.
Normalmente, la priorità nei lavori di ricerca si concentrano sull'effetto dei nutrienti e sull'uso delle materie prime, prestando meno attenzione alle caratteristiche fisiche del mangime, come sono le dimensioni delle particelle dei sfarinati, influenzati dal tipo di macinatura, dal diametro, dalla lunghezza e dalla durezza del granulo e dalla percentuale delle polveri nel mangime.
Tuttavia, esistono sufficienti informazioni che dimostrano che questi fattori assumono molta importanza. E' stato dimostrato che il consumo di mangime può essere influenzato, lo stesso la digeribilità ed ugualmente la microflora intestinale. In alcuni casi è positivo ed in altri negativo.
Pare avere interazioni con l'età dell'animale, le materie prime impiegate, il tipo di mangiatoia ed alcune volte con la genetica.
Conclusioni pratiche da applicare nei nostri mangimifici
Le dimensioni delle particelle influenza la digeribilità dei nutrienti e pertanto la conversione alimentare. Con minor diametro, maggiore sarà la superficie disponibile per gli enzimi digestivi e pertanto, maggiore sarà la digeribilità. Particolarmente importante per le materie prime proteiche. Vari autori hanno dimostrato miglioramenti sulla digeribilità degli aminoacidi riducendo la dimensione delle particelle delle materie prime proteiche , come la farina di estrazione di soia, il girasole o la farina di colza. Inoltre è stata dimostrata una maggior digeribilità dell'energia.
Per quanto riguarda la macinatura dei cereali, esistono anche qui vari studi che dimostrano il miglioramento della digeribilità e buoni risultati tecnici quando si usano macinature fini rispetto a quelle grossolane, raccomandando una dimensione media di circa 600-700 μm. Può essere valido per il mais e l'orzo e specialmente per il sorgo. Per quanto riguarda il frumento, se si usano livelli di inclusione elevati, bisogna fare attenzione, dato che una macinatura molto fine potrebbe portare ad una certa pastosità del mangime e ridurre di conseguenza il consumo volontario dello stesso mangime.
Considerando un intervallo pratico di dimensioni medie delle particelle (D50) tra 600 e 1000 micron (tra 0,6 e 1,0 mm), possiamo prevedere differenze tra entrambi gli estremi, anche tra un 2 ad un 4% sull'indice di conversione.
Un recente lavoro australiano (AC. Edwards, 2014), conclude che la riduzione delle dimensioni delle particelle da 1100 a 600 micron non ha effetti sull'AMG, però riduce il consumo, portando ad un 2,6% di miglioramento sull'IC nella fase di accrescimento e di un 5,6% nella fase di finissaggio.
D'altra parte, è conosciuto il fatto che non conviene usare macinature molto fini (< 500 μm), per la maggior incidenza di ulcere gastriche, soprattutto nei suinetti e nelle scrofe adulte.
Pertanto, in suinicoltura pare conveniente muoversi su dimensioni medie tra 600 e 700 μm.
Di conseguenza, è importante determinare e modificare i parametri della macinatura per migliorare la digeribilità, allo stesso tempo una macinatura più fine, favorirà la qualità delle particelle. Certamente, bisogna evitare errori importanti, come non macinare una soia che arriva in farina, pensando che il grado di macinatura che presenta sia sufficiente. La Figura 1 illustra una curva granulometrica di una farina di soia eccessivamente grossolana.
Figura 1. Farina di soia 47
Ugualmente sarebbe un errore importante somministrare mangimi con dimensioni medie delle particelle sopra i 1300 μm.
Come misurare le dimensioni delle particelle e la loro uniformità?
Anche se sembra semplice, normalmente non si fa in maniera corretta. E' necessario avere una serie completa di setacci ed adattati alla distribuzione della dimensione delle particelle che presenta il campione. E' frequente usare pochi setacci o che in qualcuno di questi si accumuli una frazione maggioritaria. In questo caso non possiamo determinare con precisione il diametro medio (D50), nè la distribuzione. Si deve usare come minimo 10 setacci . Con il peso totale del campione ed i pesi trattenuti in ogni setaccio, si calcola la percentuale accumulata e si rappresenta graficamente una curva granulometrica, su una scala logaritmica. La curva permette di visualizzare le dimensioni medie delle particelle (D50), che è l'ascissa corrispondente alla frazione accumulata del 50%, così come l'uniformità della distribuzione.
Colonna di setacci sull'apparecchio vibratore.
L'effetto dell'uniformità delle dimensioni delle particelle sui risultati tecnici è difficile da valutare. Per gli studi si suole utilizzare come modello di macinatura quella più uniforme, come quella ottenuta con un mulino a cilindri, rispetto alle macinature con mulini a martello, più eterogenea. Tuttavia nelle comparazioni si confondono altri possibili fattori, come la sfericità delle particelle o la omogeneità dei nutrienti nel mangime, pertanto è difficile trarre conclusioni sull'importanza dell'uniformità della dimensione delle particelle, essendo inoltre i risultati abbastanza contradditori.
Nella pratica, possiamo trovare mangimi con adeguate dimensioni medie delle particelle, però con un eccesso di frazioni grossolane (per esempio, > 40% superiore a 1000 μm), la cui digeribilità potrebbe essere inferiore. In questi casi è raccomandabile revisionare il mulino.
Conclusioni
In definitiva, si può concludere che ci sono sufficienti informazioni che dimostrano l'importanza delle dimensioni delle particelle di mangime e che la gestione dei parametri di macinatura per raggiungere le dimensioni ottimali, così come il raggiungimento di questi parametri nei controlli di qualità abituali in mangimificio, contribuiranno a migliorare l'indice di conversione del mangime.