Questo autunno prevediamo il modello tipico stagionale, aumento dei pesi ed abbassamento dei prezzi in generale. Tuttavia, quest'anno abbiamo rilevato che, nell'ultimo mese, i prezzi negli USA hanno fatto un movimento alquanto differente, sicuramente correlato con una accelerazione tra scenari di vendite nette all'export che non saranno contabilizzati nei dati pubblicati fino alla prima settimana di dicembre (i report delle importazioni e delle esportazioni suine dell'USDA sono pubblicati con 2 mesi di ritardo). Questo incremento di prezzi di circa un 2% tra settembre ed ottobre, anche se non si tratta di cose inaudite, contrasta con il modello abituale che mostra un calo medio del 4% in questi 2 mesi quando si esaminano i dati dal 2002. Le uniche eccezioni furono gli aumenti sostanziali nel 2011 e 2012, basicamente dovuto alla siccità che incrementò enormemente il costo alimentare.
Questo ci lascia in una situazione inusuale, però positiva, dato che negli USA si prevede redditività nel temuto quarto trimestre ed in gennaio. Questo è possibile grazie ai bassissimi costi dell'alimentazione che si sta vivendo negli USA a causa di stock adeguati di mais e soia dello scorso anno ed al grande raccolto di entrambe le sementi del nuovo raccolto.
Però all'orizzonte s'affaccia qualche problema aggiuntivo, anche se ci sono buone ed inaspettate notizie. La Cina ha da poco annunciato la riapertura delle importazioni da 14 stabilimenti di lavorazione e distribuzione carni negli USA che erano stati bloccati per gran parte dell'anno precedente. Si tratta di una grande notizia per i produttori nordamericani dato che il problema che si avvicina all'orizzonte, non è altro che il rallentamento delle esportazioni nette di carni suine dagli USA da vari anni.
Molti analisti credono che la Cina potrebbe diventare un grande acquirente quest'autunno a causa della grande quantità di scrofe macellate nel corso dell'ultimo anno. Questo non si è ancora materializzato per il mercato nordamericano, però la UE ha fatto il pieno raggiungendo circa il 65% delle importazioni cinesi. La notizia della riapertura del mercato per 14 stabilimenti non avrà necessariamente un impatto immediato però può essere l'inizio della fine della riduzione dell'export netto di carni suine, che negli USA era diventato qualcosa di endemico.
Si tratta di un affare complicato, con vari fattori coinvolti. In primo luogo c'è il rifiuto da parte della Cina dell'uso della ractopamina, della quale sono state trovate tracce in alcune spedizioni dichiarate pulite da ractopamina alcuni mesi fa. Inoltre abbiamo il rafforzamento del dollaro, che fa sì che la carne statunitense sia più cara rispetto a quella canadese ed europea. La US FED ha annunciato un aumento dei tassi d'interesse durante tutto l'anno, però non è riuscita neanche in minima parte(normalmente una frazione di 1 %). Questa mera promessa ha creato l'aspettativa che il dollaro avrebbe potuto rafforzarsi nei confronti delle altre monete e questa semplice minaccia ha fatto sì che gli acquirenti abbiano optato per monete più deboli, come il Canada e la UE.
La stagnazione della crescita mondiale assieme alla massiccia vendita sul mercato dei valori di Shanghai hanno annunciato l'inizio della revisione dei prezzi degli attivi cinesi (o al fatto che è scoppiata la bolla). Oltre a questo si aggiunge la guerra del prezzo del petrolio tra USA ed Arabia Saudita, che ha fatto crollare il prezzo del petrolio, il risultato è che la moneta del Canada, un paese esportatore di risorse naturali, che da quasi 2 anni stava quasi al pari con il dollaro nordamericano, è caduta fino a 75 cent. E' geniale andare a viaggiare in Canada e pagare 75$ in un ristorante e che, ritornando negli USA e aprire il conto all'American Express, scoprire che è costato solo 56$.
Il Canada produce carni suine di altissima qualità e quando il suo prezzo relativo rispetto a quello degli USA cade, i compratori iniziano a cambiare le loro richieste. Non è un segreto che quando c'è stata tensione tra Pechino e Washington dopo le accuse di ciberattacchi, sono avvenute alcune dispute su alcune zone costiere cinesi e l'rritazione per il fatto che la Cina è stata lasciata fuori dall'Accordo Transpacífico di Cooperazione Economica (TTP). L'esclusione della Cina dal TTIP è stato visto come un movimento per contrastare il suo crescente ed immenso potere economico in Asia e Pacifico. Tutto questo non aiuta la situazione dell'export, specialmente quando ci sono tante buone offerte in tutto il mondo.
Se si esaminano le esportazioni nette (che è quello che realmente interessa, le esportazioni meno le importazioni) negli USA, si può capire perchè tendono a diminuire a partire dal 2011. Si parla molto sulle esportazioni di carni da varie fonti di dati negli USA, però i dati, e la realtà, indicano che la situazione è complicata per il suino ed il futuro non è di un color rosa evidente, nonostante le fondamenta siano solide. Gli analisti spesso si fissano solo sulle esportazioni che hanno avuto una costante tendenza al ribasso durante gli ultimi pochi anni, però non sono soliti segnalare che l'aumento della forza del dollaro ha fatto aumentare le importazioni di suini, soprattutto dal Canada e che questa tendenza crescente è aumentata durante lo scorso anno. Questo aumento nelle importazioni annulla qualsiasi effetto delle esportazioni.
L'unica possibilità di crescita a lungo raggio tanto nella UE come negli USA è il costante aumento dell'export netto. Siamo ad una bivio interessante, cercando di decidere quale paese o gruppo di paesi, produttori di carni suine, rimarranno con questa opportunità.
Non sono sufficientemente audace per predire se l'estate prossima presupporrà un problema per i prezzi statunitensi, specialmente quando i prezzi del mercato dei future per l'estate sembrano molto vantaggiosi. Però mi domando se non si sarà fatto un sacco di vendite che non si vedranno materializzate. La produzione ruggisce di nuovo dato che il report trimestrale di settembre ha mostrato un aumento del censimento annuale dei suini di quasi un 4 % e, nel caso dei riproduttori, di oltre l'1 %, raggiungendo un censimento totale di quasi 6 milioni di scrofe. L'ultima volta che il censimento nordamericano dei riproduttori aveva raggiunto questo numero era nel 2008.
Inoltre, l'USDA ha rivelato un nuovo record nella produttività con 10,39 suini/figliata, quando solo 9 anni fa stava a 9 suini, anche se le intenzioni di aumentare i parti continua ad essere piatta. Il sollievo che coinvolgerà i 2 nuovi stabilimenti di lavorazione carni dovrà aspettare dato che quella del Michigan ha appena iniziato le opere di costruzione e non si prevede che entri in funzione fino al 2017. Per la prima volta in 75 anni, la produzione totale di suini supererà quella di bovini, e questo in un momento in cui la produzione di carni negli USA è ai massimi storici. In inglese c'è una frase fatta "sell it or smell it" ("vendila o puzzerà") che si usa per descrivere i prodotti deperibili che bisogna tenere in considerazione in questa fase in cui ci troviamo.