Questa sezione avrà come obbiettivo offrire informazione diretta ad allevatori di suini che vogliono migliorare le performance ambientali della loro attività. È vero che la norma europea è molto attenta alle esigenze dell'ambiente e il recepimento nazionale e talvolta gli ulteriori restringimenti regionali spingono le aziende zootecniche ad una profonda tutela ambientale, tanto da portarle a volte ai confini della convenienza economica.
Alla luce di queste parole sembrerebbe inutile migliorare ulteriormente le performance ambientali degli allevamenti suinicoli e invece in molte situazioni non è così. Spesso viene richiesto di andare oltre le richieste minime di legge a molti allevamenti e in molti casi differenti. Ecco alcuni esempi: aziende zootecniche che vogliono ottenere delle certificazioni ambientali, aziende poste in particolari contesti idrografici (aree sensibili o vulnerabili), aziende che vogliano dare evidenza della loro virtuosità gestionale per motivi di marketing o nella risoluzione di attriti con vicini tumultuosi o comitati ambientalisti.
I presupposti da cui parte la disquisizione è che il refluo in forma solida è più sicuro per l'ambiente piuttosto che il refluo liquido e che l'azoto non è una risorsa ma un problema ambientale. Questi due concetti sono alla base di tutte le contestazioni all'allevamento suinicolo. Chi contesta gli allevamenti suinicoli, per un motivo istituzionale o politico o addirittura personale, fa sempre leva sul fatto che i suini producono reflui liquidi con poca sostanza organica e l'azoto disciolto è causa dei mali delle acque del territorio. In questa sezione verrano proposte soluzioni che vanno a migliorare uno o l'altro aspetto o addirittura entrambi. (Figura 1).
Questo compendio vuole riportare le soluzioni aziendali o consortili più efficaci, meno costose e facilmente gestibili direttamente dagli imprenditori zootecnici. Le prime 10 soluzioni che saranno pubblicate sono quelle ritenute più interessanti, questo non vorrà dire che non ci siano altre. Alcune soluzioni sono state scartate per la loro complessità tecnologica o per il loro costo eccessivo, altre per la difficoltà della conduzione di impianti da parte degli imprenditori. Vorremo riportare quelle soluzioni che sono veramente efficaci nell'ottenere il beneficio previsto e che non siano troppo costose. La buona gestione del refluo dovrebbe essere una risorsa per l'azienda, è tollerabile che talvolta sia un costo ma di certo non deve essere un ostacolo all'economia aziendale.
Per ogni soluzione è stata creata una prima scheda di sintesi che ne descrive i caratteri generali, i pro e i contro e una valutazione sui possibili costi e ricavi. La seconda parte analizza più in dettaglio il conto economico. Naturalmente le cifre riportate sono riferite a condizioni ipotetiche e standardizzate.
Come ultima premessa sembra doveroso fare un breve excursus sulla situazione normativa circa la gestione dei reflui.
A livello nazionale per quanto riguarda la gestione dei reflui, la legge di riferimento è il D.M. 7 aprile 2006 “Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di cui all'articolo 38 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152.”
Anche il Testo Unico Ambientale doverosamente riprende l'argomento dell'effluente di allevamento, all'art. 74 con la definizione, all'art. 112 normando sull'utilizzazione agronomica dei reflui, all'art. 137 prevedendo sanzioni penali nel caso di un utilizzo illecito.
Discorso diverso vale per il digestato che non ha mai goduto di una sua citazione propria e specifica in una norma nazionale fino al luglio 2012. Dopo anni di indicazioni blande e di interpretazioni, è intervenuta la legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134 del decreto legge 22 giugno 2012 n.83. Questa legge al comma 2-bis dell'articolo 532, recita "ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è considerato sottoprodotto il digestato ottenuto in impianti aziendali o interaziendali dalla digestione anaerobica, eventualmente associata anche ad altri trattamenti di tipo fisico-meccanico, di effluenti di allevamento o residui di origine vegetale o residui delle trasformazioni o delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall'agro-industria, conferiti come sottoprodotti, anche se miscelati fra loro, e utilizzato ai fini agronomici.
Con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono definite le caratteristiche e le modalità di impiego del digestato equiparabile, per quanto attiene agli effetti fertilizzanti e all'efficienza di uso, ai concimi di origine chimica, nonchè le modalità di classificazione delle operazioni di disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura" . Quasi contemporaneamente è intervenuta anche una sentenza della Corte di Cassazione del 31 agosto 2012 n.33588 che allontana il digestato dal campo dei rifiuti riconducendolo alla classificazione di sottoprodotto.