Introduzione
Questo caso clinico è successo nell'estate 2010 nel medio ovest degli Stati Uniti. L'allevamento era di piccole dimensione a ciclo chiuso caratterizzato da un capannone di gestazione e sale parto con capacità per 150 scrofe, un capannone di svezzamento per 400 suinetti e un capannone da ingrasso da 800 suini. In modo intermittente si utilizzavano altre strutture più piccole caratterizzate da pavimento solido con una parte ribassata che fungeva da canale, dove attraversava costantemente acqua in modo da mantenere pulito il locale (lamina d'acqua). In questo locale si ospitavano 13 verri. Quando il caso è comparso, l'allevamento aveva 75 scrofe, 700 suini in ingrasso e 13 verri. I verri, dai quali si prelevava seme,era utilizzato per la IA nel proprio allevamento. Questo seme era utilizzato nel proprio allevamento , ma era anche venduto localmente e all'estero.
Il veterinario aziendale è stato contattato perchè era necessario vendere seme di un verro ad un cliente asiatico, per cui, tutte le richieste sanitarie ufficiali dovevano essere preparate in accordo con le esigenze del paese acquirente. Anche il veterinario ufficiale dell'ente governativo (APHIS), appartenente al dipartimento dell'Agricoltura (USDA) è stato chiamato. Il destino finale era il Giappone, paese per il quale il verro donatore deve essere negativo a Stomatite vescicolare, Aujeszky, PRRS, brucellosi, leptospirosi e tubercolosi, con esito di laboratorio realizzato non oltre 60 giorni prima dell'invio.
L'analisi della tuberculosi ante mortem si basa sulla reazione di ipersensibilità all'iniezione intradermica di un derivato proteico purificato (PPD) della tubercolina autorizzata dal USDA, che deve essere richiesto attraverso un veterinario ufficiale presso APHIS. Inoltre, anche l'esame stesso doveva essere realizzato da un veterinario accreditato.
Prima della realizzazione del test, l'allevatore è stato informato di sospendere qualsiasi trattamento del verro con antibiotici , antiparassitari o vaccini, di tenere il verro lontano dai rischi di salute o di stress. Qualsiasi di questi trattamenti potrebbe influenzare momentaneamente il sistema immunitario del verro, alterando poi il test della tubercolina, che si basa precisamente sulla risposta immunitaria. Oltre questo, l'allevamento prima della visita, doveva avere la modulistica corrispondente per il test ( Tuberculosis Test Record VS Form 6-22) ed una siringa monouso di plastica 1,0 cc ed un ago da 3/8 e 26G per ogni iniezione di tubercolina.
Il protocollo del test per la tubercolina consiste in un'iniezione di 0,1 ml di PPD di Mycobacterium bovis sulla superficie dorsale della base dell'orecchio destro e 0,1 ml di Mycobacterium avium complex (MAC) nella stessa posizione dell'orecchio sinistro.L'ago deve essere introdotto per via intradermica in tutta la sua lunghezza. Le iniezioni producono piccoli rilievi sopra la pelle all'estremo dell'ago. Al momento dell'iniezione si deve registrare qualsiasi presenza di cicatrice, difetto, morsicatura da insetti od altre anormalie cutanee che possono essere confuse posteriormente con la risposta all'iniezione. Dopo 48 ore si procede alla lettura (a differenza delle 72 di altri mammiferi) per la ricerca di qualsiasi evidenza di indurimento o infiammazione associata alla iniezione locale. I 3 risultati possibili sono: positivo (infiammazione con >3 mm di diametro), sospetto (< 3mm) o negativo (assenza di reazione).
Visita all'allevamento e realizzazione del test
Prima della prova della tubercolina, è stato realizzata una visita routinaria dell'allevamento. In generale, lo stato sanitario ed i parametri produttivi erano positivi ed erano costanti da mesi. Non sono stati verificati segnali di malattie cliniche in nessuna fase produttiva, incluso i verri.
fig. 1
Una volta realizzato questo, si è identificato il verro, che è stato immobilizzato con un laccio e l'antigene della tubercolina è stato inoculato seguendo il protocollo descritto. Dopo 48 ore si è proceduto alla lettura: il M. bovis non aveva prodotto alcuna reazione, invece il M. avium aveva prodotto un aumento palpabile dello spessore della cute (come si vede nella figura 1) ed è stato registrato come sospetto a M. avium. IL veterinario ufficiale è stato consultato, e questo ha consigliato due opzioni: l'animale sospetto doveva essere venduto ad un macello autorizzato dal Servizio Veterinario (FSIS), dove sarebbe stato sacrificato e dove sarebbero state ricercate le lesioni specifiche, oppure, il capannone dei verri doveva essere sottoposto a quarantena, eseguendo il test a tutti gli altri verri, ritestando il verro sospetto dopo 60 giorni. L'allevamento ha preso la scelta della quarantena per motivi logicamente economici.
La settimana seguente, tutti gli altri verri sono stati testati, eccetto uno che è stato inviato al macello FSIS. Nella lettura, 10 verri sono stati considerati negativi, mentre 1 ha avuto una reazione al punto di inoculo per il M. avium ed è stato considerato positivo. A questo punto , si tornò a parlare con il veterinario ufficiale che ha ripetuto le opzioni già descritte prima. L'allevamento ha ancora una volta scelto di riportare in quarantena tutti i verri ( non potendo usarli, ne vendere seme) e ritestare il verro sospetto dopo 60 giorni di distanza dai rispettivi tests iniziali.
fig. 2
I verri sono stati ritestati nei rispettivi tempi previsti con lo stesso protocollo, però scambiado il tipo di inoculo per ogni orecchio. Entrambi i verri sono risultati evidentemente positivi al M. avium (figure 2 – 4). In seguito ai due tests positivi, il secondo verro è stato inviato ad un Istituto Ufficiale per una necroscopia completa. L'esame post mortem non ha evidenziato alcuna lesione macroscopica o istologica compatibile con i tests eseguiti. Il primo verro è stato spostato ad un locale isolato ed ha continuato a produrre dosi seminali per i produttori locali.
fig. 3
fig. 4
Una ricerca epidemiologica retrospettiva ha rilevato che entrambi i verri erano gli unici animali in allevamento che erano stati alloggiati in un capannone esterno usato come quarantena. Il primo verro era stato in questo locale per 1 anno prima della realizzazione del test., ed il secondo verro ha soggiornato alcuni mesi nello stesso locale. Questa quarantena è stata visitata ed è stato osservato che era un locale aperto, con molti volatili al suo interno e che i box erano scarsamente puliti quando erano svuotati.
Nonostante la mancanza di lesioni, la diagnosi per entrambi i verri è stata di una infezione da M. avium. Un caso di falsa positività è poco probabile dovuto al fatto che erano 2 i verrri positivi e l'evidenza delle circostanze del contatto di entrambi con possibili fonti di infezione e le possibilità di trasmissione. Non è raro che i suini si infettino e non dimostrino lesioni permanenti o che si trasformino in portatori senza lesioni apparenti (Martín-Hernando MP, 2007). L'installazione della quarantena era una fonte potenziale di infezione che potrebbe essere stata l'origine del problema per entrambi i verri, oppure per solo un verro che poi ha potuto infettare l'altro attraverso trasmissione orizzontale, dato che potevano avere contatto muso-muso nel capannone dei verri. Le raccomandazioni all'allevamento sono state quelle di migliorare le pratiche di biosicurezza in tutte le fasi produttive e di trovare un nuovo locale, migliore, che possa impedire l'entrata di animali selvatici.
Discussione
Negli Stati Uniti non si fanno tests di tubercolina di routine, dovuto alla bassa prevalenza negli attuali allevamenti. Secono il FSIS nel 2008, solo lo 0,02 % di 115 milioni di carcasse hanno presentato lesioni relative a tubercolosi. Nonostante questo, ci sono stati episodi recenti di tubercolosi in allevamenti commerciali che hanno portato ad importanti perdite economiche.Le indagini epidemiologiche di questi casi hanno dimostrato alcuni punti critici: lettiera di segatura contaminata, sistemi di raffreddamento e mangimi contaminati (Daniels CS et al, 2009; Álvarez J et al, 2011; Lower AJ, 2011). Si sà che i suini sono sensibili all'infezione da tubercolosi attraverso: alimenti contenenti prodotti lattei e non pastorizzati, contatto diretto con bovini, alimentazione con resti alimentari crudi, accesso all'aria aperta e terra dove precedentemente erano presenti volatili selvatici e trasmissione diretta tra suini infetti (Thoen CO, 2006). I prodotti e strutture contaminate sono minacce significative a lungo termine per i suini dovuto alla resistenza degli agenti eziologici nell'ambiente.
Delle 3 specie che causano tuberculosi (Mycobacterium tuberculosis, Mycobacterium bovis e Mycobacterium avium complex) a cui sono sensibili i suini, il MAC è il meno probabile a diventare una minaccia all'uomo in forma di zoonosi(Thoen CO, 2006). Causa solamente malattie in persone immunodepresse (Falkinham JO, 2003). Il MAC è composto da 8 specie di batteri e numerose subspecie con patogenicità, distribuzione ambientale e preferenza di ospite variabile (Neuman EJ, 2010). Nel suino , normalmente la sintomatologia non è evidente, ma le carcasse possono essere distrutte al macello. Gli animali vecchi colpiti tendono a dimagrire, anche con un consumo adeguato di mangime. La diagnosi definitiva può essere fatta solamente dopo l'isolamento, identificazione e tipo di agente. La prevenzione si riduce nell'evitare l'esposizione al micobatterio. I suini, lettiere e mangimi devono essere ben protetti dai volatili e da altri portatori di tubercolosi.
Questo caso serve come esempio alle possibili conseguenze di fronte ad analisi di malattie per le quali è nesessaria una dichiarazione ufficiale di indennità, nonostante la irrilevanza clinica o minaccia alla produzione o pericolo di zoonosi. Questo allevamento ha sollecitato il test per avere l'accesso al mercato internazionale come fonte aggiuntiva di reddito. Alla fine, il risultato fu la perdita di 2 verri produttivi e di valore, oltre che al costo delle analisi.