Pur apprezzando l’impegno della Commissione Ue nei confronti del settore suinicolo, gli interventi proposti risultano a valenza temporanea e insufficienti. Chiediamo pertanto ai nostri eurodeputati, chiamati ad approvare il ‘pacchetto’ in Parlamento, di battersi per ottenere misure strutturali e permanenti volte a sostenere davvero gli allevatori, alla stregua di quanto fatto per altri comparti; misure atte a valorizzare le peculiarità della nostra suinicoltura che fonda le radici sul suino pesante e sui suoi trasformati>. Commenta così il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Gianni Tosi, il via libera dato ieri dal Consiglio Agricoltura dell’UE al pacchetto di misure proposte dalla Commissione UE per alleviare le difficoltà di alcuni comparti del settore agricolo europeo che fronteggiano una crisi di mercato molto significativa. Tra cui il settore suinicolo, che dal 2007 ad oggi ha registrato in Emilia Romagna una flessione del numero di capi superiore a 330mila unità attestandosi poco sopra al milione; a picco anche gli allevamenti professionali (riproduzione e ingrasso), da 1.830 a 1.442. Ma il dato più allarmante che evidenzia l’impoverimento reale del settore, è il dimezzamento del numero di scrofe fattrici (da 100 a 50mila capi).
Confagricoltura Emilia Romagna, così come il nazionale, chiede ormai da mesi al Ministero dell’Agricoltura degli interventi strutturali a sostegno dell’allevamento suinicolo italiano, per permettere di avere un settore economicamente autosufficiente e sostenibile, in cui venga riconosciuto agli allevatori il valore del proprio prodotto. In agosto una delegazione dell’organizzazione agricola si è recata al Mipaaf per avanzare specifiche richieste affinché il ministro Martina potesse far valere le esigenze del comparto alla manifestazione di Bruxelles, lo scorso 7 settembre, alla quale hanno partecipato anche tanti associati di Confagricoltura.
“Con rammarico apprendiamo – prosegue il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna - che lo strumento sul quale è stata posta maggior attenzione, è proprio quello meno utile all’Italia ossia l’ammasso privato>.
Infatti, il sistema di stoccaggio privato per la carne suina proposto ieri - continua - non farebbe altro che posticipare di sei-nove mesi il problema come è già successo in passato>. Poi entrando nel merito dell’aumento dei fondi per l’attività di promozione sui mercati dei paesi terzi, osserva: <Questi aiuti rimarrebbero tuttavia subordinati alla nostra legislazione nazionale - in particolare ai vincoli posti dalle barriere sanitarie all’esportazione di carni suine - e finirebbero per avvantaggiare solo i Paesi del Nord Europa.
Confagricoltura Emilia Romagna rimarca la necessità di un ulteriore sforzo verso l’abbattimento delle barriere non tariffarie e degli ostacoli all’apertura di nuovi mercati (inclusa la revisione dei limiti sanitari all’export almeno per quanto concerne le frattaglie suine verso la Russia); l’aumento della soglia del “de minimis” che in agricoltura è ancora troppo bassa e la ristrutturazione del credito.
<Ma soprattutto - conclude il presidente Tosi – non vorremmo che le risorse messe a disposizione andassero ancora una volta all’industria di trasformazione e non al reale sostegno degli allevatori e, quindi, della carne suina proveniente da capi nati, allevati e macellati in Italia. Ci attendiamo pertanto dal Governo la valorizzazione della filiera suinicola italiana nelle sedi comunitarie
Confagricoltura Emilia Romanga, settembre 2015