Cremona, 21 aprile 2022 – “Dove la PSA diventa endemica la suinicoltura muore”. Davanti al pubblico delle grandi occasioni, presente in sala nel pieno rispetto delle norme antiCovid previste, la frase che nessun attore della filiera suinicola vorrebbe sentirsi dire l’ha pronunciata Francesco Feliziani, Responsabile del laboratorio nazionale di riferimento per le pesti suine presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Umbria e delle Marche intervenuto al convegno “Emergenza PSA: un presente da gestire, un futuro da difendere”, organizzato da EV Edizioni Veterinarie srl e svoltosi il 20 aprile a Cremona, presso la prestigiosa sede di Palazzo Trecchi.
L’evento, coordinato da Giancarlo Belluzzi, medico veterinario, ha riunito al tavolo del relatori i massimi esperti in materia per fare il punto sulla situazione esistente nel nostro Paese a seguito della positività al virus riscontrata, per ora, su circa un centinaio di carcasse di cinghiale e soprattutto approfondire gli aspetti finalizzati alla eradicazione della malattia, oggi circoscritta in una zona compresa tra la Liguria e il Piemonte.
“Stiamo combattendo un virus ad alta virulenza che è ormai diventato endemico – ha sottolineato Feliziani – e questo ci preoccupa particolarmente. La sorveglianza passiva in questo momento deve essere la nostra arma più potente e quindi il contenimento della malattia non può che passare dalla ricerca sul territorio di carcasse di cinghiale infette. Per fare questo però è necessario fare squadra, nella consapevolezza che la PSA è un problema nazionale”.
Di panorama durissimo ha parlato Vittorio Guberti dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) secondo il quale, allo stato, la percentuale di carcasse di cinghiale infette recuperate, tra il 15 e il 18%, è molto ridotta rispetto al dato reale. “Sull’evoluzione della malattia attualmente non possiamo che fare ipotesi – ha sottolineato – e in base ai dati disponibili possiamo dire che difficilmente l’onda epidemica legata alla PSA si arresterà spontaneamente mentre, attraverso l’applicazione delle recinzioni, riteniamo più possibile riuscire a eradicarla. Tuttavia, il ruolo epidemiologico delle carcasse richiede un’analisi più accurata che tenga conto dei tempi, della densità dei ritrovamento e delle temperature ambientali”.
Recinzioni e biosicurezza, questi i due driver da utilizzare che possono fare uscire il comparto suinicolo dall’incubo rappresentato dalla PSA. “In tutti i modi va scongiurato il passaggio della malattia dall’animale selvatico, il cinghiale, al domestico, quindi i suini presenti negli allevamenti”. Da qui è partito l’intervento di Angelo Ferrari, Commissario all’emergenza PSA che dall’esplosione del primo caso, inizio gennaio 2022, sta gestendo con non poche difficoltà la vicenda. “L’eradicazione deriva da un’efficace azione di contenimento che stiamo portando avanti con le risorse attualmente a disposizione. Proprio in questi giorni è stato definito il tracciato, condiviso con tutti i Sindaci dei Comuni che rientrano nella zona di restrizione di Liguria e Piemonte, sul quale installare le recinzioni che dovranno impedire ai cinghiali di invadere altri territori. Non possiamo poi non considerare un’azione di depopolamento che deve essere attuata con criterio, così come è importante la formazione e la corretta informazione affinchè la consapevolezza del problema rappresentato dalla PSA non riguardi solo il mondo produttivo ma l’intera popolazione, pur sottolineando che la malattia non è contagiosa per l’uomo. Occorre quindi essere molto realisti e non sottovalutare la gravità della situazione che richiama tutti a un senso di responsabilità: ricordiamoci che ne va della salvaguardia di una realtà economica estremamente importante per il nostro Paese che già oggi, con il blocco di alcuni Stati importatori di carne e prodotti di origine suina, è costretto a registrare ingenti perdite economiche”.
E di conti “salati” per il comparto ha parlato Davide Calderone, direttore generale di Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi) ricordando che a pochi giorni dalla scoperta del primo caso di PSA in Italia “Cina e Giappone hanno chiuso immediatamente alle nostre esportazioni – ha ricordato – a cui poi si sono aggiunti Taiwan, Messico, Perù, Filippine, Indonesia, Cuba, Thailandia, Vietnam e Serbia, mentre Brasile, Argentina, Corea del Sud e Sudafrica hanno imposto delle restrizioni. Abbiamo calcolato che nel 2021, verso tutti questi Paesi, sono stati esportati carni e prodotti per un valore di circa 165 milioni di euro. Qualora la situazione epidemiologica dovesse peggiorare e la zona sottoposta a restrizioni essere ampliata interessando territori a maggior vocazione produttiva suina, il danno per l’intero comparto potrebbe essere di circa 60 milioni di euro per ogni mese di blocco”.
Un forte richiamo agli allevatori per aumentare la loro attenzione alle pratiche di biosicurezza da adottare sia all’interno ma soprattutto all’esterno dell’allevamento è arrivato da Giovanni Guadagnini, veterinario aziendale, che in una interessante panoramica ha illustrato tutto ciò che va fatto e tutto ciò che invece deve essere evitato per impedire al virus della PSA di entrare in porcilaia, posto che il fattore umano, è stato più volte ricordato, ricopre purtroppo un ruolo da protagonista. Nella sua relazione Guadagnini non ha dimenticato però di sottolineare che in un momento di così grave difficoltà per il comparto, gravato dall’aumento dei costi delle materie prime e di quelli energetici, gli investimenti legati alle recinzioni delle aziende costituirebbero un ulteriore, pesante aggravio calcolato tra un minimo di 77mila e un massimo di circa 120mila euro per azienda. “La figura del veterinario aziendale è essenziale per il monitoraggio degli allevamenti – ha sottolineato Guadagnini – perché può rappresentare la sentinella epidemiologica per il rinvenimento precoce di casi non solo di PSA. Lo stretto contatto che ha con l’allevatore e l’allevamento gli consente di lavorare costantemente sulla biosicurezza in collaborazione con il suinicoltore e il veterinario ufficiale, individuando precoci segnali clinici e segnalando un sospetto per bloccarne la diffusione: non perdiamo l’ennesima occasione di potenziare questa prima linea di difesa”, è stata la sua conclusione.
L’intervento di Pier Davide Lecchini, direttore generale al ministero della Salute, si è concentrato sull’importanza di procedere velocemente con l’installazione delle recinzioni lungo il tracciato dei percorsi autostradali della A7 e della A26. “Purtroppo le risorse finanziarie per sostenere gli allevatori nella costruzione delle recinzioni intorno alle loro aziende – ha affermato – sono poche. E quelle disponibili sono state messe dallo Stato e non dall’Europa”.
Cremona, 21 aprile 2022 – “Dove la PSA diventa endemica la suinicoltura muore”. Davanti al pubblico delle grandi occasioni, presente in sala nel pieno rispetto delle norme antiCovid previste, la frase che nessun attore della filiera suinicola vorrebbe sentirsi dire l’ha pronunciata Francesco Feliziani, Responsabile del laboratorio nazionale di riferimento per le pesti suine presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Umbria e delle Marche intervenuto al convegno “Emergenza PSA: un presente da gestire, un futuro da difendere”, organizzato da EV Edizioni Veterinarie srl e svoltosi il 20 aprile a Cremona, presso la prestigiosa sede di Palazzo Trecchi.
L’evento, coordinato da Giancarlo Belluzzi, medico veterinario, ha riunito al tavolo del relatori i massimi esperti in materia per fare il punto sulla situazione esistente nel nostro Paese a seguito della positività al virus riscontrata, per ora, su circa un centinaio di carcasse di cinghiale e soprattutto approfondire gli aspetti finalizzati alla eradicazione della malattia, oggi circoscritta in una zona compresa tra la Liguria e il Piemonte.
“Stiamo combattendo un virus ad alta virulenza che è ormai diventato endemico – ha sottolineato Feliziani – e questo ci preoccupa particolarmente. La sorveglianza passiva in questo momento deve essere la nostra arma più potente e quindi il contenimento della malattia non può che passare dalla ricerca sul territorio di carcasse di cinghiale infette. Per fare questo però è necessario fare squadra, nella consapevolezza che la PSA è un problema nazionale”.
Di panorama durissimo ha parlato Vittorio Guberti dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) secondo il quale, allo stato, la percentuale di carcasse di cinghiale infette recuperate, tra il 15 e il 18%, è molto ridotta rispetto al dato reale. “Sull’evoluzione della malattia attualmente non possiamo che fare ipotesi – ha sottolineato – e in base ai dati disponibili possiamo dire che difficilmente l’onda epidemica legata alla PSA si arresterà spontaneamente mentre, attraverso l’applicazione delle recinzioni, riteniamo più possibile riuscire a eradicarla. Tuttavia, il ruolo epidemiologico delle carcasse richiede un’analisi più accurata che tenga conto dei tempi, della densità dei ritrovamento e delle temperature ambientali”.
Recinzioni e biosicurezza, questi i due driver da utilizzare che possono fare uscire il comparto suinicolo dall’incubo rappresentato dalla PSA. “In tutti i modi va scongiurato il passaggio della malattia dall’animale selvatico, il cinghiale, al domestico, quindi i suini presenti negli allevamenti”. Da qui è partito l’intervento di Angelo Ferrari, Commissario all’emergenza PSA che dall’esplosione del primo caso, inizio gennaio 2022, sta gestendo con non poche difficoltà la vicenda. “L’eradicazione deriva da un’efficace azione di contenimento che stiamo portando avanti con le risorse attualmente a disposizione. Proprio in questi giorni è stato definito il tracciato, condiviso con tutti i Sindaci dei Comuni che rientrano nella zona di restrizione di Liguria e Piemonte, sul quale installare le recinzioni che dovranno impedire ai cinghiali di invadere altri territori. Non possiamo poi non considerare un’azione di depopolamento che deve essere attuata con criterio, così come è importante la formazione e la corretta informazione affinchè la consapevolezza del problema rappresentato dalla PSA non riguardi solo il mondo produttivo ma l’intera popolazione, pur sottolineando che la malattia non è contagiosa per l’uomo. Occorre quindi essere molto realisti e non sottovalutare la gravità della situazione che richiama tutti a un senso di responsabilità: ricordiamoci che ne va della salvaguardia di una realtà economica estremamente importante per il nostro Paese che già oggi, con il blocco di alcuni Stati importatori di carne e prodotti di origine suina, è costretto a registrare ingenti perdite economiche”.
E di conti “salati” per il comparto ha parlato Davide Calderone, direttore generale di Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi) ricordando che a pochi giorni dalla scoperta del primo caso di PSA in Italia “Cina e Giappone hanno chiuso immediatamente alle nostre esportazioni – ha ricordato – a cui poi si sono aggiunti Taiwan, Messico, Perù, Filippine, Indonesia, Cuba, Thailandia, Vietnam e Serbia, mentre Brasile, Argentina, Corea del Sud e Sudafrica hanno imposto delle restrizioni. Abbiamo calcolato che nel 2021, verso tutti questi Paesi, sono stati esportati carni e prodotti per un valore di circa 165 milioni di euro. Qualora la situazione epidemiologica dovesse peggiorare e la zona sottoposta a restrizioni essere ampliata interessando territori a maggior vocazione produttiva suina, il danno per l’intero comparto potrebbe essere di circa 60 milioni di euro per ogni mese di blocco”.
Un forte richiamo agli allevatori per aumentare la loro attenzione alle pratiche di biosicurezza da adottare sia all’interno ma soprattutto all’esterno dell’allevamento è arrivato da Giovanni Guadagnini, veterinario aziendale, che in una interessante panoramica ha illustrato tutto ciò che va fatto e tutto ciò che invece deve essere evitato per impedire al virus della PSA di entrare in porcilaia, posto che il fattore umano, è stato più volte ricordato, ricopre purtroppo un ruolo da protagonista. Nella sua relazione Guadagnini non ha dimenticato però di sottolineare che in un momento di così grave difficoltà per il comparto, gravato dall’aumento dei costi delle materie prime e di quelli energetici, gli investimenti legati alle recinzioni delle aziende costituirebbero un ulteriore, pesante aggravio calcolato tra un minimo di 77mila e un massimo di circa 120mila euro per azienda. “La figura del veterinario aziendale è essenziale per il monitoraggio degli allevamenti – ha sottolineato Guadagnini – perché può rappresentare la sentinella epidemiologica per il rinvenimento precoce di casi non solo di PSA. Lo stretto contatto che ha con l’allevatore e l’allevamento gli consente di lavorare costantemente sulla biosicurezza in collaborazione con il suinicoltore e il veterinario ufficiale, individuando precoci segnali clinici e segnalando un sospetto per bloccarne la diffusione: non perdiamo l’ennesima occasione di potenziare questa prima linea di difesa”, è stata la sua conclusione.
L’intervento di Pier Davide Lecchini, direttore generale al ministero della Salute, si è concentrato sull’importanza di procedere velocemente con l’installazione delle recinzioni lungo il tracciato dei percorsi autostradali della A7 e della A26. “Purtroppo le risorse finanziarie per sostenere gli allevatori nella costruzione delle recinzioni intorno alle loro aziende – ha affermato – sono poche. E quelle disponibili sono state messe dallo Stato e non dall’Europa”.
EV - aprile 2022