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Giornata della Suinicoltura: intervista a Marabelli sulla PSA

Quali sono i parametri da adottare/rispettare per garantire alla suinicoltura italiana e più in generale europea le opportunità di sviluppo a livello globale?

18 Ottobre 2018
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expoconsultingRomano Marabelli: “Il pericolo della Psa

è vicino all’Italia. Ma i Servizi veterinari sono un baluardo”

Bologna, 17 novembre 2018 - Nel settore zootecnico l’aspetto sanitario riveste sempre un ruolo di fondamentale importanza, perché dal suo andamento dipendono la produttività degli animali e la redditività degli allevatori.

Un appuntamento importante come la Giornata della Suinicoltura, evento giunto alla sua quarta edizione, in programma il 21 novembre prossimo presso il Centro Congressi di Fico Eataly World a Bologna e organizzato come sempre da Expo Consulting srl, non poteva eludere un tema tanto importante come la salute animale.

Il titolo di questa edizione è “Salute, benessere, obblighi normativi, redditività. La ricerca di un equilibrio quasi perfetto”.

A parlarne, in un parterre di relatori di fama internazionale, sarà uno dei massimi esperti del settore a livello mondiale: Romano Marabelli, Consigliere del Direttore generale dell’OIE (Organizzazione mondiale della sanità animale).

- Professor Marabelli, qual è la situazione sanitaria del comparto veterinario in Europa e oltre i confini continentali?

“Preoccupante in entrambi i casi, soprattutto a causa della diffusione di malattie fino a qualche tempo fa relegate ad altre latitudini che oggi, attraverso il commercio e i cambiamenti climatici, stanno invece facendo la loro comparsa con effetti spesso letali, imponendo un aumento dei controlli sanitari da parte dei Servizi preposti”.

- Per il settore suinicolo in particolare quali sono le minacce epidemiologiche più incombenti?

Direi l’afta epizootica e la Peste suina classica e africana. Rispetto alla prima, malgrado la sua diffusione al momento sia circoscritta alla zona centroasiatica e per l’Europa non si prospettino pericoli di contagio incombenti, i controlli dei Servizi veterinari europei sono molto scrupolosi perché si tratta di una malattia in grado di diffondersi molto velocemente. Questo vuol dire che solo una capillare azione di monitoraggio può contribuire efficacemente a contrastarne la diffusione. Oggi il pericolo maggiore arriva dalla Peste suina africana, e in misura minore da quella classica di cui si è registrato di recente un caso in Giappone. La diffusione della Psa (Peste suina africana, ndr) è oggi il dato più preoccupante. Finora in Europa i focolai registrati sono stati segnalati nei paesi dell’Est e nei Balcani, ma proprio nelle ultime settimane alcuni casi sono comparsi in Belgio, al confine tra il Lussemburgo e la Francia, in una zona di caccia popolata da cinghiali, animali vettori del virus. La situazione assume connotazioni molto preoccupanti anche per l’Italia, perché il pericolo si avvicina al nostro Paese e la probabilità che contagi i nostri allevamenti si fa più concreta. Fortunatamente anche in questo caso l’efficienza dei Servizi veterinari rappresenta un baluardo fondamentale nella difesa da questa malattia, che se irrompesse negli allevamenti italiani causerebbe danni molto ingenti a iniziare dal blocco del mercato. È stato infatti calcolato, tanto per fare un esempio, che in Germania un solo caso di Peste suina africana provocherebbe un danno da 1 miliardo di euro”.

- Come si stanno muovendo i Paesi europei per fronteggiare questo pericolo? L’Oie sta seguendo da vicino questo problema. Come giudica le iniziative adottate dai singoli Paesi?

“La Commissione ha chiesto a tutti i Governi di individuare immediatamente il punto di contatto alla eventuale quanto scongiurata comparsa della malattia. L’Oie da parte sua ha adottato un sistema di allerta permanente. Il vero problema non è certo rappresentato dalla qualità dei Servizi veterinari quanto dal contagio involontario, che potrebbe arrivare anche da prodotti contaminati e non solo dagli animali selvatici infetti”.

- Quali sono i parametri da adottare/rispettare per garantire alla suinicoltura italiana e più in generale europea le opportunità di sviluppo a livello globale?

Non si può che partire dalle norme di biosicurezza. Nella stragrande maggioranza degli allevamenti intensivi esse sono in gran parte rispettate. Un po’ più complesso il discorso per i piccoli allevamenti a conduzione familiare che magari allevano suini allo stato brado. A questi allevatori va indirizzata un’informazione adeguata che faccia capire loro quanto sia importante partecipare tutti insieme alla tutela del settore. La minaccia epidemiologica esiste e il mercato internazionale non distingue se la malattia arriva da un solo animale o da un intero allevamento: l’effetto sarebbe identico perché un solo animale infetto può causare il blocco del mercato”.

- Ritiene che i Servizi veterinari pubblici e quelli aziendali siano attrezzati per scongiurare o affrontare un virus così minaccioso? Possiamo dire di avere imparato molto in questi anni dall’esperienza che ha vissuto il comparto suinicolo sardo?

“Il compito dei Servizi veterinari pubblici come quelli aziendali è fondamentale nell’ambìto dei controlli e della formazione. Sono loro che accompagnano l’allevatore in un percorso di maggiore conoscenza, soprattutto se riferito alle realtà zootecniche di piccole o medie dimensioni. Si tratta di un lavoro sinergico che spesso vede lavorare insieme sindaci e veterinari pubblici. Stiamo gestendo un’allerta molto importante, come forse non capitava da decenni. L’esperienza sarda è stata molto importante e oggi con il Piano di risanamento possiamo dire di avere una situazione ormai sotto controllo. Sicuramente però, fino al giorno in cui anche l’ultimo focolaio non sarà stato debellato non potremo dire di avere risolto totalmente il problema”.

Expoconsulting - ottobre 2018

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