Bologna, 26 maggio 2017 – Una sala convegni col tutto esaurito ha fatto da sfondo questa mattina alla Giornata della Suinicoltura, svoltasi presso il Garda Hotel di Montichiari (BS) e organizzata dalla Società Expo Consulting srl di Bologna.
“Biosicurezza e salute animale. Le nuove frontiere della prevenzione in suinicoltura” è stato il titolo su cui si sono snodati gli interventi dei relatori chiamati ad approfondire un tema di grande attualità, la biosicurezza dentro e fuori l’allevamento, rispetto al quale è in corso di svolgimento il Progetto BioFaBenMa (Programma integrato biosicurezza-benessere-farmaco-macello) che vede coinvolti il ministero della Salute e l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna (Izsler).
“Il problema vero, in Italia, non riguarda i criteri di biosicurezza, quanto la loro applicazione”, ha affermato Loris Alborali, direttore della sezione Diagnostica dell’Izsler, ricordando che dal 21 aprile 2021, con l’entrata in vigore della relativa normativa europea, la biosicurezza assumerà tutti i crismi di un Piano sanitario e, di fatto, imporrà agli allevatori il rigoroso rispetto di quanto la norma prevederà.
Sono 179 gli allevamenti al centro del Progetto BioFaBenMa, il cui obiettivo è quello di valutare la biosicurezza dentro e fuori l’allevamento.
“Due i livelli in cui il Progetto si suddivide – ha spiegato Alborali – Il primo, Bio 1, identifica i principali rischi ed è costituito da 52 domande generali che riguardano la quarantena, la riproduzione, lo svezzamento e l’ingrasso. Il secondo, il Bio 2, è composto da 109 domande perlopiù concentrate sulla gestione aziendale. Siamo all’inizio, ma possiamo già affermare che la media attualmente registrata negli allevamenti italiani per il primo livello si attesta a 70 in un range che va da 0 a 100 e quindi, pur in presenza di una grande variabilità, il risultato è abbastanza soddisfacente.
La media invece registrata per il Bio 2 si ferma a 65. I margini di miglioramento sono evidenti – ha spiegato ancora Alborali – soprattutto se ci riferiamo alla biosicurezza esterna l’allevamento. A questo proposito il primo e fondamentale passo da fare riguarda la scrupolosa applicazione del tutto pieno-tutto vuoto e la puntuale pulizia dei mezzi di trasporto dei maiali, un aspetto, quest’ultimo, che non può prescindere da un concreto coordinamento tra produttori e trasportatori. Sarebbe sbagliato vedere nell’applicazione della biosicurezza in allevamento un costo – ha concluso Alborali – perché in realtà si tratta di un autentico investimento: abbiamo infatti calcolato che per ogni euro investito il ritorno è pari a 7 euro”. Il progetto BioFaBenMa si concluderà a fine 2017 e successivamente verranno elaborati i risultati definitivi che permetteranno di avere un quadro definito della situazione negli allevamenti italiani.
Ma se la biosicurezza non può esistere senza il benessere animale, come ha sottolineato nel suo intervento Elisa Bianco, responsabile del settore alimentare di Compassion in world farming, e i Piani vaccinali ad hoc contribuiscono ad elevare lo stato sanitario dei suini e a ridurre il consumo del farmaco, come ha ricordato Stefano Fioni, medico veterinario, “per essere competitivi, oggi, occorre trovare sistemi di reale collaborazione tra i vari attori della filiera” ha dichiarato Gabriele Canali, direttore di Crefis (Centro ricerche economiche sulle filiere suinicole). “Le buone quotazioni che da un anno e mezzo stanno premiando la redditività degli allevatori – è stato il suo ragionamento – devono rappresentare un’occasione da sfruttare per pensare a strategie future. Oggi il mercato guarda al benessere animale con grande attenzione e la richiesta che arriva dal consumatore va proprio in questa direzione. Se vogliamo continuare a fare della qualità della filiera suinicola la nostra bandiera dobbiamo saper cogliere questa opportunità e anticipare la domanda: il benessere animale non è un problema in più, ma una possibilità per essere migliori”.
Expoconsulting - maggio 2017